mediatico a chi?


la prefazione

Daniele Morini - Autore e Giornalista TV
Daniele Morini - Autore e Giornalista TV

Non siamo più da un pezzo dei semplici destinatari di messaggi. Siamo letteralmente immersi in quel liquido amniotico che è la comunicazione di oggi. In pochi anni, il consumo di mass media è cambiato in modo significativo e rapido. Ora – per soddisfare il nostro fabbisogno informativo – non abbiamo più a disposizione solo una serie di mezzi di comunicazione (stampa, radio, tv, Internet), ma abbiamo varie modalità di fruizione per ogni mezzo.

 

I giornali tradizionali da sfogliare sul tablet in edizione digitale, la radio da ascoltare in podcast dal pc, il programma televisivo da rivedere grazie all’app dello smartphone o il film da scaricare via rete attraverso l’abbonamento on-demand della smart-tv. Un elenco che potrebbe continuare a lungo. Con hardware sempre più veloce, performante, iperconnesso e ridotto nelle dimensioni, tanto da trovare spazio nel palmo della nostra mano.

 

Detta così sembra una grande “piazza delle opportunità”, dove trovare di tutto e di più, preferibilmente gratis, con la sensazione di avere la massima libertà di scelta nel costruire – tassello dopo tassello – il nostro personalissimo palinsesto informativo, di svago o divertimento. Ma è proprio così?

 

Di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta dalle riflessioni sociologiche sul villaggio globale di Marshall McLuhan, da quelle sulla cultura di massa di Edgar Morin o, infine, dal dibattito tra apocalittici e integrati delineato da Umberto Eco, nell'Italia degli anni Sessanta. Rimanendo nella metafora dell’acqua, oggi si parla di “alluvione digitale” per identificare quello tsunami di dati e informazioni che sta sommergendo il nostro mondo.

 

Studi e ricerche – come Infosfera 2018 – arrivano a identificare in maniera assai nitida quel “sovraccarico informativo” (information overload) che provoca nella persona una polarizzazione delle emozioni, la povertà di attenzione, l’aumento di iperattività, transitorietà, incertezza e una crescente difficoltà a riconoscere il vero dal falso. I meccanismi perversi della post-verità (nell’assimilazione di una notizia, sensazioni ed emozioni contano più dell’accertamento dei fatti) e delle echo chambers (camere di risonanza dove trovo individui con le mie stesse opinioni e, quindi, evito il confronto con chi la pensa in modo diverso) ci fanno capire come l’emotività possa dominare sempre più sulla razionalità, in una società ormai così “liquida” da essere incapace di fissare punti fermi e valori.

 

Siamo sul terreno dei social media, l’ultima e più recente “frontiera” della comunicazione e del villaggio globale. L’impressione è quella di potersi informare senza limiti, di comunicare senza limiti, conoscere senza limiti. Per altro, abbattendo i muri della comunicazione e del giornalismo tradizionali, immaginando che la disintermediazione dell’informazione (auto-produco e auto-genero il mio palinsesto comunicativo, senza alcun intermediario professionista) possa essere un segno di progresso, di democrazia, di partecipazione. Ma la nuova “dieta mediatica” ci invoglia a consumare con velocità quanti più contenuti possibile e così facendo diventiamo i perfetti destinatari di una crescente quantità di pubblicità, sempre più personalizzata.

 

Una sorta di "bulimia digitale" che tira in ballo un altro rischio ipotizzato dai ricercatori: il cosiddetto "vampirismo" dei social media. Il sovraccarico dei contenuti (confezionati sempre più su misura per ciascuno di noi) consuma tempo e attenzione, ci induce a fare scelte senza razionalità e riflessione, fino a farci perdere l'abitudine a decidere e a formare un nostro pensiero autonomo. In tutto ciò, si innesta il ragionamento su bot e astroturfing (cioè, in sintesi, i modi più usati per alterare la realtà sui social) che ci porta verso amare riflessioni su "bufale" e fake news. Le ricerche più recenti ci dicono che otto italiani su dieci, tra gli utenti di web e social, non riescono a distinguere il falso dal vero.

 

Non voglio vestire i panni dell'apocalittico ma, certo, sono scenari che fanno riflettere. E che obbligano tutti ad adattarsi: editori e industria dei media, giornalisti e comunicatori, ma anche tutti gli utenti dei media digitali, sempre più interattivi e artefici dei processi di comunicazione. Servono "mappe" e "vocabolari" per orientarsi al meglio su questi terreni accidentati, per evitare di subire passivamente gli algoritmi che si propongono di scegliere al nostro posto. Le pagine di Marco Gasparini e Andrea Pierleoni sono un primo passo in questa direzione.

 

 

 Daniele Morini

giornalista professionista e autore televisivo